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Non si può morire così...
Stefano Frapporti era un muratore di 48 anni. Il 21 luglio 2009 andava in giro in bicicletta quando è stato fermato da due carabinieri in borghese per un'infrazione stradale. Portato in carcere perché sospettato di spaccio non uscirà mai vivo dalla cella.

Questo blog nasce dalla volontà della famiglia di ottenere chiarezza su quel che è successo a Stefano e per chiedere che venga fatta giustizia.



ASSEMBLEA PUBBLICA TUTTI I MARTEDI' DALLE 20.00 ALLA SEDE DELL'ASSOCIAZIONE "STEFANO FRAPPORTI" IN VIA CAMPAGNOLE 22.

domenica 2 agosto 2009

Solidarietà dal gruppo PD

Non deve succedere mai più


La morte tragica di Stefano Frapporti ha colpito profondamente gli esponenti del Pd roveretano che non vogliono rimanere in silenzio di fronte al dramma consumatosi in carcere ed hanno espresso un documento a nome del Gruppo

Consiliare Comunale. «Sbigottisce - scrivono - la facilità con cui un cittadino qualsiasi, senza precedenti, una persona con una vita familiare e sociale nella norma, possa essere fermato per un’infrazione stradale e, dopo una perquisizione domiciliare che rivela il possesso di hashish, incarcerato. E sconcerta e addolora una morte solitaria e disperata. Pur non volendo esprimere alcuna valutazione sulla delicata questione delle eventuali responsabilità, per le quali è in corso un’indagine, non si può tacere il turbamento e la rabbia per una morte assurda che si poteva evitare, per una legge (quella sulla detenzione di sostanze stupefacenti) dura e disumana, che spesso criminalizza persone senza colpa. E la rabbia cresce quando si pensa che individui ben più pericolosi nel nostro Paese vivono in libertà e delinquenti pluricondannati godono di speciali immunità e impunità. Tutto questo colpisce anche perché accade a Rovereto, città della pace. E colpisce perché, se è accaduto a Stefano, a quanti altri potrebbe accadere? Al di là di quelli che saranno i risultati dell’indagine, è necessario che la città, le forze di polizia, le istituzioni, i soggetti che lavorano nel sociale riflettano su questa vicenda. Ci deve pur essere un modo perché ciò non accada più. Ci deve pur essere un modo per attenuare le conseguenze perverse di una legge che potrebbe essere applicata con una maggiore sensibilità, con una maggiore accortezza. Soprattutto nei confronti di quanti possono rimanerne colpiti e umiliati in modo più violento e tragico proprio perché estranei al mondo della criminalità».


Tratto da L'Adige, 01 agosto 2009

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